L’area archeologica posta sulle sponde del lago di Ledro iniziò ad essere studiata a partire dal 1929, ma purtroppo visse, fino agli anni sessanta, decenni di abbandono e saccheggio.

L’area archeologica posta sulle sponde del lago di Ledro iniziò ad essere studiata a partire dal 1929, ma purtroppo visse, fino agli anni sessanta, decenni di abbandono e saccheggio: numerosi e continui furono infatti i furti e i danni operati da scavatori improvvisati ed abusivi. Fu grazie ad un servizio di vigilanza sul sito archeologico istituito dalla Sovrintendenza di Padova, allora responsabile del territorio di Ledro e grazie all’intervento del Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento che tale situazione cessò e la zona poté godere di una stabile rivalutazione e valorizzazione.

In tre diverse riprese, nel 1961, 1965 e 1967, il museo terminò delle nuove campagne di scavo, che portarono alla luce un’ingente quantità di materiale; per sistemare questi reperti si decise allora di allestire un museo nella valle, ideato per fornire l’immagine del contesto culturale, sociale ed economico entro il quale collocare i resti delle palafitte visibili lungo la sponda del lago.

La costruzione dell’edificio museale fu iniziata nel 1968 e fu portata a termine nel 1972 e la struttura fu realizzata interamente in legno e dotata di grandi ed ampie vetrate, in modo tale da renderla un tutt’uno con l’ambiente circostante e di non porre alcuna barriera visiva tra i reperti e l’area archeologica di scavo.

Nel mezzo dell’unica sala del museo è collocata una canoa monoxile composta da grossi tronconi di abete , lunga 4,5 m. e larga 0,75 m.

All’interno delle vetrine sono esposti numerosi reperti in ceramica di colore scuro, brunastro o rossiccio, tra i quali degni di nota sono i grandi orci tronco-conici da derrate alimentari o i boccali e le tazze, spesso ritrovati fortunatamente integri. Tra gli arnesi di terracotta incuriosiscono i cosiddetti oggetti enigmatici: segmenti rettangolari con punteggiature o lineette impresse prima della cottura , dei quali si ignora l’uso. Riccamente ricostruibili sono anche le abitudini alimentari, grazie alla presenza di notevoli resti di animali domestici o selvatici, di composti vegetali e di sedimenti sul fondo dei vasi. In bronzo sono una serie piuttosto varia di oggetti disparati: asce, pugnali a lama triangolare, spilloni e corone, usate come diademi per la testa. Di queste, trovate eccezionalmente in numero di quattro, al museo è esposto l’esemplare finemente lavorato da eleganti incisioni geometriche, con le estremità a “T” incurvate verso l’esterno. Sono inoltre presenti strumenti realizzati in legno, in osso ed in corno.

Nella sala è anche offerta la riproduzione fotografica di un interessante reperto in tessuto: si tratta di un nastro in lino, trovato ripiegato in due e avvolto su se stesso, il quale presenta una particolare decorazione a rombi su entrambe le estremità.Infine certamente da rilevare è la presenza di un buon numero di grani di ambra, probabilmente uniti a formare una collana.

Altre testimonianze provenienti dagli scavi di Ledro si trovano custodite nella raccolta archeologica del Museo del castello del Buonconsiglio ed al Museo Tridentino di Scienze Naturali.

Il Museo delle Palafitte è completato , nella parte esterna ed a ridosso della sponda del lago, dalla ricostruzione di una palafitta. L’immagine che restituisce non è scientificamente provata, dal momento che nessun reperto ha finora restituito informazioni sull’organizzazioni delle abitazioni. Si tratta, piuttosto, di un simbolo che vuole imprimere visivamente negli occhi dello spettatore le suggestioni di questa straordinaria scoperta archeologica.

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